sabato 2 dicembre 2017




Titolo: Les Choristes – I Ragazzi del Coro (Les Choristes) 
Regia: Christopher Barratier 
Nazionalità: Francia
Anno: 2004
Durata: 1h. 35′
Trama
Il film racconta la storia di Clément Mathieu, insegnante di musica disoccupato, che trova lavoro come sorvegliante in un istituto per ragazzi difficili e soli. “Fond de l’Etang” (“Fondo dello Stagno”) è il nome eloquente di questa struttura.
I ragazzi ci appaiono subito maleducati, dispettosi, non rispettano nessuno, forse prendendo esempio da come si comporta il direttore Rachin nei loro confronti. Appena Mathieu arriva alla scuola, infatti, viene avvisato che il suo metodo dovrà essere molto duro, che non deve dare confidenza e che deve tenere a bada gli alunni con il bastone.
In questo clima repressivo, l’impatto con gli allievi non è certo dei migliori ma il nuovo maestro crede che ci sia un modo meno violento per educare e ha un’idea che si rivelerà vincente.
Mathieu decide di formare un coro con i ragazzi del collegio e, attraverso il canto, riesce a vincere la loro diffidenza e ad arrivare al loro cuore. I momenti difficili non mancheranno ma ormai i giovani coristi cominciano ad avere fiducia in se stessi, nelle proprie capacità e negli altri. Alla fine, l’arcigno direttore licenzierà il maestro, a quel punto amato da tutti, ma non riuscirà a distruggere quello che ha costruito.



Scena Clou

E’ un momento cruciale:  Morhange, “faccia d’angelo”, deluso e ribelle non fa parte del coro perché perennemente in punizione. Ma lui ama la musica e canta, da solo, con una voce celestiale finché non viene casualmente sentito dal maestro.  Diventerà solista ma capirà che anche il solista è parte del coro e non è più importante degli altri. Mathieu traccerà la sua strada: Morhange diventerà un famoso musicista e conserverà il diario del maestro che gli ha cambiato la vita.


Link Trailer: https://youtu.be/0qs_Z5X-2m8

MOTIVAZIONE, ABRAHAM MASLOW E LA PIRAMIDE DEI BISOGNI.

che cos'è la motivazione?

La motivazione è un fattore dinamico del comportamento umano, che attiva e dirige l'organismo verso una meta; le motivazioni possono essere coscienti o inconsce, semplici o complesse, fisiologiche o psicologiche, personali o sociali, la motivazione è strettamente connessa a un "bisogno".Ossia uno stato di tensione provocato dalla mancanza di qualcosa di necessario per la persona in questione.



La motivazione ad agire

per indicare che cosa ci spinge ad agire, il nostro linguaggio ricorre a una grande varietà di termini, come ad esempio la volontà, il desiderio, la passione, l'interesse etc.
Queste parole non sono sinonimi, bensì indicano motivi diversi delle nostre azioni, infatti gli esseri umani non agiscono mai senza un preciso motivo per farlo.
Le motivazioni dell'agire ovviamente, non sono mai tutte identiche. Alcuni fattori sono soggettivi, vengono cioè da "dentro di noi". Le motivazioni soggettive comprendono ad esempio gli istinti, le tendenze personali e i bisogni.
Le motivazioni oggettive  invece provengono "dall'esterno" o perché sono imposte dall'ambiente fisico o dalla società.



Abraham Maslow e la piramide dei bisogni


Primo di sette figli in una famiglia di immigranti ebrei di origine russa, fu un esponente di spicco della cosiddetta "psicologia umanistica". Dal 1951 al 1969 fu a capo del dipartimento di psicologia dell'università Brandeis, a Waltham, nel Massachusetts.
È noto per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddetta piramide di Maslow. Nel 1954 pubblicò "Motivazione e personalità", dove espose la teoria di una gerarchia di motivazioni che muove dalle più basse (originate da bisogni primari - fisiologici) a quelle più alte (volte alla piena realizzazione del proprio potenziale umano - autorealizzazione).

La Piramide di Maslow, 1954
Secondo Maslow, bisogni e motivazioni hanno lo stesso significato e si strutturano in gradi, connessi in una gerarchia di prepotenza relativa; il passaggio ad uno stadio superiore può avvenire solo dopo la soddisfazione dei bisogni di grado inferiore. Egli sostiene che la base di partenza per lo studio dell'individuo è la considerazione di esso come globalità di bisogni.
La piramide di Maslow è stata modificata da dei ricercatori dell'Arizona State University. La loro modifica prevede una "sopravvivenza dei bisogni i quali anche se sono stati soddisfatti non scompaiono e continuano a agire sull'individuo.





Attribuzione interna ed esterna

A determinare il nostro comportamento non sono solo le nostre motivazioni ma anche le spiegazioni di ciò che ci accade. Queste spiegazioni si chiamano attribuzioni
e sono dei ragionamenti concernenti se stessi, il rapporto con gli altri e con gli eventi.
Nel tempo molti psicologi hanno affrontato il tema delle attribuzioni mettendone in luce la complessità e gli effetti sul nostro comportamento.
Lo psicologo austriaco Fritz Heider ha distinto due forme di attribuzione sulla base della localizzazione della causa.

-Attribuzione interna: attribuire a se stessi la causa di ciò che avviene può avere sia valenza negativa o positiva. In base a questa attitudine, il soggetto ritiene se stesso artefice di se stesso nella riuscita o meno nella vita.

-Attribuzione esterna: attribuire a motivi indipendenti dalla nostra azione quanto accade. Il che significa rinunciare a "costruire" la propria vita.



Motivazione intrinseca

Si può definire la motivazione intrinseca come l’insieme delle sensazioni positive associate al fatto di svolgere bene una attività o un lavoro, dunque si intende la motivazione a fare qualcosa “per il gusto o il piacere di farlo”.
La motivazione intrinseca è legata ad una forza, ad una spinta interiore e non a sollecitazioni e ricompense esterne: è una sorta di commitment personale. Le emozioni ad essa collegate sono la curiosità, il piacere e la gratificazione in sé.
La motivazione intrinseca implica buoni livelli di autostima e una preferenza per compiti sfidanti: un compito o un’attività troppo semplice non desta interesse, non impegna completamente e non consente di sperimentare il piacere che deriva dall’essere assorbiti ed intenti in qualcosa d’interessante.








mercoledì 18 ottobre 2017

metodi di apprendimento e teorie educative

                                NUOVI METODI DI APPRENDIMENTO

Negli ultimi anni buona parte dei paesi scandinavi, ovvero la Svezia,Norvegia e la Finlandia hanno introdotto nuovi metodi di insegnamento con modifiche radicali a tutto il sistema scolastico tradizionale. Infatti nelle scuole scandinave le classi non sono più le classiche aule con banchi e lavagne. Infatti sono gli studenti che sono tenuti ad andare dal proprio docente e ricevere istruzioni da lui sul cosa fare.
Inoltre togliendo l'aula viene in un qualche modo anche sciolto il "gruppo classe" Non vincolando così gli studenti ad avere sempre i soliti compagni e invitandoli quindi a fare sempre nuove conoscenze.
Questo nuovo metodo di "Fare scuola" si è anche dimostrato essere estremamente, infatti i paesi scandinavi sono sempre nella top 10 dei paesi con la qualità d'istruzione migliore del mondo
  
LA TEORIA UMANISTA

la psicologia umanistica prende in esame il comportamento del docente e i suoi effetti sull’alunno.
Il principale esponente di questa corrente della psicologia, Carl Rogers (1902-1987), ha elaborato una forma di psicoterapia basata sul rapporto di parità tra terapeuta e paziente. Ispirandosi a questo approccio, un insegnamento, per risultare efficace e significativo, deve essere flessibile e
spostare il suo interesse dai contenuti al protagonista della relazione educativa: l’alunno.
Una pratica didattica ispirata alla teoria umanista, secondo Rogers, richiede tre atteggiamenti-chiave:
• autenticità o congruenza;
• considerazione positiva incondizionata
• comprensione empatica
Rogers sostiene che la scuola deve “creare individui aperti alle novità e alle trasformazioni”. L’educatore deve insegnare a imparare, cioè fornire gli strumenti metodologici necessari per usare consapevolmente le conoscenze. L’allievo dovrà poi essere in grado di valutare
da solo (autovalutazione) l’apprendimento avvenuto e quindi provare soddisfazione per i risultati ottenuti.




                                           LA TEORIA SISTEMICA


La psicologia sistemica analizza la relazione educativa partendo da due presupposti (tipici dell’approccio sistemico o pragmatico-relazionale): tutto è comunicazione e il mondo psichico è un sistema, ossia una totalità nella quale il mutamento di una parte influenza tutte le altre. Secondo
Paul Watzlawick (1921-2007), uno dei più noti esponenti dell’approccio sistemico, per spiegare un singolo fenomeno occorre prendere in considerazione tutto il suo contesto. Ciò signifca che, per
esempio, l’improvviso insuccesso scolastico di un ragazzo potrà essere spiegato esaminando il contesto o i contesti di vita del ragazzo (la famiglia, la classe, il gruppo di amici...)
Quali sono le indicazioni che la teoria sistemica fornisce all educatore?
• L’educatore, nel contesto della classe, deve favorire la riorganizzazione interna ogni volta che un nuovo elemento turba l’equilibrio precedente.
• Nel gruppo egli deve individuare le persone-chiave, il cui mutamento di atteggiamento rende possibile il mutamento collettivo, e individuare gli aspetti aperti al mutamento sia per l’intero gruppo sia per il singolo allievo – senza minacciare l’identità più profonda.
• Tiene sotto controllo l’ansia o stimola l’attenzione quando si presenta un problema o viene assegnato un compito.




                                          LA TEORIA PSICANALITICA

Secondo la psicoanalisi la classe è il campo di un incontro/scontro di forze inconsce, che emergono attraverso una grande varietà di sintomi: esplosioni di collera, forme di mutismo, insuccessi scolastici ecc., eventi che possono sconcertare e sembrare privi di ragioni.
La psicoanalisi invita a interpretare tali sintomi e a ricercare le cause profonde che ne sono all’origine, senza trascurare la storia personale di un bambino o di un adolescente. 
La psicoanalisi aiuta a chiarire la ricchezza della relazione educativa. Per esempio, mette in luce i fenomeni di transfert (tipici della relazione terapeutica), con i quali, a scuola, i ragazzi proiettano sul insegnante le dinamiche del rapporto con i loro genitori.
Nella scuola, come in molti ambiti della vita quotidiana, è possibile che si manifestino fenomeni di proiezione: quando qualcosa, all’interno della nostra psiche, è avvertito come pericoloso, viene inconsapevolmente proiettato all’esterno. 
Per esempio, un ragazzo che teme di essere timido, può proiettare questo suo timore su un compagno di classe, che tratterà in modo sgarbato e scorretto. 
Inoltre la psicanalisi offre al insegnante strumenti utili per capire non solo gli studenti, ma anche se stesso. Gli atteggiamenti di un insegnante, per esempio, sono riconducibili a con liti infantili con i genitori o con figure educative particolarmente autoritarie o prive di fermezza. Secondo la psicoanalisi, dunque, nel rapporto con gli allievi, un insegnante è spinto a rivivere la propria infanzia.